Il seme del fico sacro - Mohammad Rasoulof
Un thriller politico di rara potenza, capace di trasformare la dittatura iraniana in un meccanismo narrativo implacabile. Il mondo di un giudice istruttore coinvolto nella brutale repressione delle proteste "Donne, Vita, Libertà" si sgretola tra paranoia e violenza famigliare. Rasoulof costruisce la tensione con precisione hitchcockiana, sfruttando al meglio gli spazi chiusi e le attese cariche di inquietudine. Una riflessione dolorosa sul potere e sulla paura, e un'opera che, come il metaforico fico sacro del titolo, soffoca ogni speranza. Ma è anche il ritratto dell'orgoglio delle donne iraniane che resistono all'oppressione. Un manifesto sulla condizione di un Paese senza libertà: un cinema necessario e devastante.
September 5 - La diretta che cambiò la storia - Tim Fehlbaum
Un'immersione nella frenetica e claustrofobica sala regia della ABC, l'unica rete televisiva a documentare in tempo reale l'attentato di Monaco 1972. Il film trasforma una tragedia storica in un thriller avvincente, giocando sulla tensione e sull'improvvisazione giornalistica, con un cast guidato dagli impeccabili John Magaro e Peter Sarsgaard. L'elemento più affascinante è l'accurata ricostruzione delle sfide tecnologiche affrontate per trasmettere il primo attentato in diretta, segnando un punto di svolta nel nostro rapporto con le immagini della morte. E solleva interrogativi etici: fino a che punto è lecito spingersi nel raccontare la tragedia in diretta? E quali sono le responsabilità di chi la trasmette?
Fatti vedere - Tiziano Russo
Una ventata di freschezza nel panorama spesso asfittico delle commedie italiane. Un'idea semplice ma efficace, che ironizza con garbo e intelligenza sulle nuove forme di terapia online: una giovane psicoterapeuta si trova a dover condurre le sedute con il suo ex, sotto mentite spoglie, travestendosi da un'anziana collega per scoprire perché lui l'abbia lasciata. Un espediente che omaggia dichiaratamente Tootsie e Mrs. Doubtfire, trovando però una propria identità in una narrazione leggera e godibile, valorizzata dalla vis comica della brava Matilde Gioli. Tutto scorre con il sorriso, e la simpatia dell'operazione non cede mai il passo alla faciloneria sentimentale e o al ricatto emotivo.
sabato 22 febbraio 2025
Obbligatori: Febbraio 2025
giovedì 6 febbraio 2025
Riflessioni Spiazzanti: Intervista a uno storico sulla serie M. - Il figlio del secolo
Cosa ne pensi della serie su Mussolini?
Mi sembra che abbiano cercato di riprodurre la Storia in chiave pop, qualcosa di simile a Il Divo di Sorrentino. Mi sono piaciuti il gusto espressionista delle immagini, la cura visiva, i costumi, la musica. Poi la serie ha il merito di mostrare senza censure la violenza fascista, che viene data spesso per scontata.
Però c’è un “ma”.
Le psicologie dei personaggi sono piatte, il racconto diventa una parata di macchiette. Cesare Rossi è irritante. Amerigo Dumini sembra un ragazzino scemo assetato di sangue: psicopatico assassino lo era davvero, ma scemo no. Ricattò per anni il Duce per il delitto Matteotti con dei documenti segreti consegnati a uno studio legale di San Antonio, in Texas.
E la figura di Mussolini?
Ne esce molto stereotipata. Sembra un erotomane con la passione del sesso da dietro, che si ritrova Presidente del Consiglio quasi per caso. Il suo costante rivolgersi alla camera cerca di restituire allo spettatore la sua attitudine da trasformista e imbonitore, ma dietro a Mussolini c’era molto di più. Diciamo che ci sono stati dei Mussolini cinematografici più credibili: il Rod Steiger de Il leone del deserto – lungometraggio su Omar al-Mukhtar – o Mario Adorf ne Il delitto Matteotti, bellissimo film di Florestano Vancini.
Insomma, un Mussolini semplificato, quello di M.
Tutto è semplificato, una sorta di bigino della storia del fascismo. La tangente della Sinclair Oil, che secondo lo storico Mauro Canali è alla base del delitto Matteotti, viene accennata di sfuggita. Lo scontro fascismo/antifascismo si esaurisce nella figura di Matteotti, o nel semplice dualismo Mussolini/Matteotti. Era difficile riuscire a fare una serie tv su questo periodo senza citare mai Gramsci e i comunisti, eppure ci sono riusciti. La verità è che il riflusso individualista degli anni Ottanta ci consegna ancora oggi film e libri schiacciati sulle figure individuali, o al massimo sui dualismi. Non a caso il film che ti dicevo di Vancini, che è del 1973, è un’opera corale e storicamente più completa. Ma era un altro decennio. Altri tempi. È il senso della storia collettiva che si è perso nel frattempo, resta solo la vicenda del singolo.
Prima citavi Il Divo. In fondo anche lì domina la figura di Andreotti, quindi una storia individuale.
Però Il Divo non è didascalico. Insieme ad Andreotti emerge tutto un pezzo di storia d’Italia, senza che si percepisca quel senso di semplificazione. La cosa avvilente è che M., in fin dei conti, per quanto banalizzante, può servire davvero ad insegnare un pezzo di Storia al grande pubblico. Gli italiani sanno così poco del fascismo che anche da un racconto superficiale hanno molto da imparare. Ma la questione è un po’ più ampia, secondo me.
Cioè?
Non c’è un buco solo nella conoscenza dell’epoca fascista. È proprio diventato difficile “pensare storicamente”. Quando nel febbraio 2022 è cominciata la nuova fase della guerra in Ucraina, chi si è permesso di proporre una riflessione di lungo periodo sulle cause che avevano portato a quella svolta è stato pubblicamente sbertucciato. Ricordo che scrittori e intellettuali di grido isolarono i dissidenti e si unirono alla cantilena aggredito/aggressore, che non a caso è un dualismo. Torniamo alla logica semplificatoria che ti dicevo prima.
Resta il fatto che in questo periodo non era scontato realizzare un’opera che parlasse di Mussolini, viste le vicende che attraversano il nostro Paese.
Certo. Però dipende molto in che modo ne parli. Di sicuro la serie non voleva essere celebrativa. Ha fatto di tutto per non sembrarlo, ed è comprensibile. Ma mostrare Mussolini invidioso della lunghezza del pene di D’Annunzio, Mussolini che fa il dito medio a Giolitti, Mussolini che si lava l’uccello dopo aver sodomizzato Margherita Sarfatti, tutto questo sminuire la sua figura, che a una prima occhiata sembrerebbe una vittoria dell’antifascismo, in realtà ne segna la debolezza.
In che senso?
Nel senso che sbeffeggi Mussolini sullo schermo perché oggi nella società Mussolini ha vinto. Purtroppo.
PS: l'intervista è stata fatta a Ivan Brentari, scrittore e storico, nonché il mio principale punto di riferimento per interpretare il periodo fascista e il post-fascismo.
domenica 19 gennaio 2025
Obbligatori: Gennaio 2025
Emilia Pérez - Jacques Audiard
Un torbido melodramma gangster, un musical dolente che è un inno alla vita, alla ricerca dell'identità, ai luoghi a cui appartenere e impossibili da abbandonare. Con un'energia indescrivibile, Audiard sposta gli archetipi dei generi e realizza una pellicola originalissima, senza etichette e priva di punti di riferimento: potenziale manifesto queer e femminista, ma soprattutto un possente capitolo sulla poetica del cambiamento e dell'autodeterminazione, e sul riscatto dei perdenti, che attraversa il suo cinema sin dai suoi primi film. Canzoni folli e bellissime, che riabilitano il romanticismo sfrenato del pop latino, accompagnate da coreografie sorprendenti e da un coro di protagoniste travolgenti e memorabili.
Maria - Pablo Larrain
L'usignolo greco, la diva maledetta, la voce angelica. Un biopic sontuoso e dolente. Una donna depressa e dipendente dai farmaci, consapevole che il suo tempo sta per finire. Perché la sua vita è sempre stata la sua voce, e l'opera è sempre stato il suo mondo. Vivendo in una bolla sfarzosa, dopo una giovinezza poverissima, quando i militari pagavano per trascorrere ore con lei, non per scoparla, ma per sentirla cantare. Pablo dirige il film più bello di una trilogia dedicata donne del Novecento iconiche e prigioniere, dopo Jackie e Spencer: un ritratto che scartavetra l'anima di chi è condannato a essere l'artista (la Callas), molto prima di essere la donna (Maria). Prova enorme di Angelina Jolie.
Io sono ancora qui - Walter Salles
L'orrore del fascismo e della dittatura militare, la tragedia dei desaparecidos, ma anche la forza e la volontà di una donna per mantenere viva la memoria e cercare fino alla fine di raggiungere la verità e la giustizia. Salles torna a un cinema popolare, narrativamente asciutto, limpido e lineare, capace di emozionare con la giusta dose di indignazione. Il merito è condiviso con la straordinaria protagonista, una Fernanda Torres addolorata e sempre combattiva, colma di dignità e determinazione. Una commedia famigliare che si evolve in dramma politico. E sullo sfondo, ieri come oggi, il Brasile divide i suoi conflitti tra allegria e nostalgia, tra gioia e lacrime, tra libertà e repressione.